A San Martino ogni mosto diventa vino.

 Pi San Martinu castagni e vinu.

A San Martino, bevi buon vino e lascia l’acqua per il mulino.

In gran parte d’Italia esistono e si tramandano proverbi legati all’antica festa dell’11 novembre, quando per tradizione si aprono le botti del vino nuovo. Sono i giorni dell’estate di San Martino, quando, prima dell’arrivo del freddo invernale, il sole torna a splendere e le temperature diventano più miti.

Il nome Estate di san Martino deriva da una notissima leggenda:  poiché un buon soldato di nome  Martino aveva regalato il suo mantello ad un povero ed era rimasto privo di riparo sotto un acquazzone, Dio decise di premiare la sua generosità  e fece spuntare il sole permettendo alcune giornate più tiepide.

Foto da https://www.3bmeteo.com/

In realtà  Martino è un vescovo del IV secolo, nato intorno al 316  da un soldato, in un avamposto dell’ impero romano alle frontiere con la  Pannonia, nell’odierna Ungheria.

A 15 anni poiché un editto imperiale aveva obbligato tutti i figli di veterani ad arruolarsi nell’esercito romano, divenne un soldato e fu inviato in  Gallia. Faceva parte, all’interno della guardia imperiale, di truppe non combattenti che garantivano l’ordine pubblico e spesso gli toccava di fare la ronda di notte e la sorveglianza notturna delle guarnigioni.

Durante una di queste ronde avvenne l’episodio che diede origine alla leggenda dell’estate di san Martino: nel rigido inverno del 335 Martino incontrò un mendicante seminudo.

Vedendolo sofferente, tagliò in due il suo mantello militare (la  clamide bianca della guardia imperiale) e lo condivise con il mendicante. La notte seguente vide in sogno Gesù rivestito della metà del suo mantello militare e comprese che il mendicante era lo stesso Cristo. Ciò determinò la sua conversione al cristianesimo.

A quarant’anni, lasciato l’esercito, entrò in convento e nel 371 i cittadini di Tours lo vollero come loro vescovo, ma Martino continuò ad abitare nella sua semplice casa di monaco e proseguì la sua missione di propagatore della fede, dimostrando compassione e misericordia verso chiunque. La sua fama ebbe ampia diffusione nella comunità cristiana perché dotato di carità, giustizia e sobrietà.

Dopo la sua morte, nel calendario romano gli venne dedicato l’11 Novembre, giorno della sua sepoltura. Questa data venne scelta nelle zone agricole come termine di scadenza dei contratti di colonia e di mezzadria in quanto i lavori di aratura dei campi erano già terminati senza però che fosse arrivato l’inverno.

Per questo, scaduti i contratti, chi aveva una casa in uso la doveva lasciare libera proprio l’11 novembre e non era inusuale, in quei giorni, imbattersi in carri strapieni di ogni masserizia che si spostavano da un podere all’altro.

Nella stessa occasione si aprivano le botti per controllare la maturazione del vino nuovo e  brindare tutti insieme . Naturalmente, poiché  a stomaco pieno l’alcol viene assorbito meglio, accanto al vino novello la tradizione gastronomica italiana poneva castagne e caldarroste, ma anche dolci e pietanze tipiche, che venivano spartite con i vicini secondo l’esempio di condivisione offerto da Martino tanti secoli prima.

In Sicilia ad esempio i biscotti di San Martino sono dei caratteristici biscotti, secchi e croccanti, aromatizzati con semi di finocchio che conferiscono un sapore e un profumo particolare.  Sono insaporite con i semi di finocchio anche le muffulette, pagnotte morbide che si condiscono in vari modi a seconda delle diverse zone della Sicilia. Così avremo le muffulette con l’olio, le acciughe e le olive, quelle con la ricotta e il miele, quelle con il ragù di carne , e in tutte le altre varianti che la fantasia dei siciliani ha sperimentato.

Nei tiepidi giorni dell’estate di san Martino, anche se ormai la cultura contadina si è quasi completamente perduta, è piacevole rinnovare ancora una volta la tradizione e gustare in compagnia del buon cibo e un buon bicchiere di vino nuovo.